La protezione e il miglioramento dello stato delle risorse idriche e degli ecosistemi acquatici sono temi di cui le amministrazioni a livello locale, nazionale e sovranazionale si curano, o almeno dovrebbero, più di quanto si pensi. La qualità delle acque superficiali e sotterranee è infatti fattore determinante per la vita quotidiana del singolo cittadino in quanto utente di questo bene ma anche, e forse maggiormente, per tutte le attività commerciali produttive ad esso legate.
L’iter della comunità europea
Già nel 1988 un ‘seminario ministeriale’ segnalava al Consiglio europeo la necessità di “disciplinare la qualità ecologica delle acque dolci per prevenirne un deterioramento” ma è nel 2000 che viene approvata dal Parlamento europeo un documento definitivo in merito: la Direttiva 2000/60/CE, tuttora vigente, i cui scopi, in estrema sintesi, sono evitare un ulteriore deterioramento delle risorse idriche, agevolarne un utilizzo sostenibile e assicurare la graduale riduzione dell’inquinamento delle acque sotterranee.
All’articolo 4 della direttiva leggiamo inoltre quelli che sono gli Obiettivi Ambientali, ovvero il conseguimento di un “buono stato” (subito dopo “elevato” e subito prima di “sufficiente”, a cui seguono “scarso” e “cattivo) per tutti i bacini di acque superficiali, come fiumi e laghi, e sotterranee, come falde acquifere; tutto ciò entro 15 anni dall’approvazione del documento.
E ci siamo riusciti?
Premesso che il conseguimento di questo “buono stato” viene valutato in base a più fattori (chimici e chimico-fisici, sia per quanto riguarda le acque che per gli ecosistemi che le abitano), una risposta alla nostra domanda è contenuta nel rapporto ISPRA 2016, studio che ha analizzato quasi 30mila campioni di acque a livello nazionale, e le cui conclusioni sono le seguenti:
“Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 63,9% dei punti monitorati, nelle acque sotterranee sono risultati contaminati il 31,7% dei punti. […] In alcune Regioni la contaminazione è molto più diffusa del dato nazionale, arrivando a interessare oltre il 70% dei punti delle acque superficiali in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna […]. Nelle acque sotterrane la diffusione della contaminazione è particolarmente elevata in Lombardia 50% punti, in Friuli 68,6%, in Sicilia 76%.”
(Nota: la presenza di pesticidi non implica che le quantità di questi ultimi siano sempre superiori ai limiti di legge, anche se secondo ISPRA ciò avviene nel 21% dei casi)
E in Brianza?
I dati raccolti da ARPA Lombardia indicano la Provincia di Monza e Brianza come peggiore a livello regionale in quanto a qualità delle acquee sotterranee, addirittura meno di 1 stazione di rilevamento su 10 ha restituito un valore “buono” per quanto riguarda lo Stato Chimico (S.C.), ovvero un indicatore sintetico di analisi chimiche e chimico-fisiche che prendono in considerazione elementi come il piombo, il mercurio o gli idrocarburi (la lista completa è contenuta nel Decreto Ministeriale 260/2010) .
A livello regionale invece, per quanto riguarda i fiumi, l’83% consegue il livello “buono” per lo Stato Chimico ma solamente il 36% per lo Stato Ecologico, che esprime la qualità delle strutture degli ecosistemi acquatici.
Di poco inferiori i livelli dei i laghi: hanno raggiunto lo Stato Ecologico “buono” in 3 su 10, lo Stato Chimico invece il 69%.
Complessivamente la situazione non è critica ma nemmeno, appunto, buona: c’è molto lavoro da fare, a livello locale, per poter essere in linea con le direttive europee e bisogna anche farlo in fretta, visto che il termine imposto è scaduto già 3 anni fa.