In questo approfondimento di tre articoli parleremo degli spazi, delle persone e della mobilità Brianza. Quanti cittadini svolgono la propria attività principale in altri comuni, e quanti nel comune di residenza? Che implicazioni hanno gli spostamenti nella vita dei cittadini e nella vita della comunità, dal punto di vista sociale, economico e della qualità della vita?
Spazi e persone
Numeri alla mano. In media, fra i 25 comuni considerati ogni 100 cittadini 34 svolgono la loro attività principale nel comune di residenza. I valori oscillano tra il 26,1% di Vedano al Lambro – che per certi versi può essere considerato un grande quartiere residenziale di Monza amministrato in autonomia – e il 52,7% di Monza. Non sono dati che dovrebbero stupire. Tendenzialmente, i comuni più grandi tendono ad avere una maggiore differenziazione nelle offerte di lavoro, e quindi a mantenere entro i propri confini una proporzione maggiore di cittadini.
Il ruolo degli uffici. Il fatto che i cittadini in alcuni comuni rimangano sul territorio più di altri, non è dovuto unicamente alla popolosità. Monza, infatti, non è soltanto la città più popolosa, ma è anche capoluogo della provincia, e pertanto ha sul proprio territorio una serie di uffici amministrativi che impiegano numerosi lavoratori, oltre ai professionisti che orbitano intorno ad essi (oltre agli uffici provinciali, la prefettura, il tribunale – se vogliamo, anche la casa circondariale).
La rilevanza degli uffici pubblici nel contribuire alla vitalità della città non deve essere trascurata, perché la loro presenza sul territorio stimola la domanda di altri servizi (ristorazione, trasporti, banche), pertanto alla circolazione di ricchezza e di posti di lavoro. Un discorso analogo può essere fatto nei confronti delle scuole e delle strutture sanitarie.
Centro pedonale. C’è di certo correlazione fra l’alto tasso di cittadini che svolge la propria attività principale e la presenza di una zona a traffico limitato. Dei sei comuni più vitali tra quelli considerati, tre hanno una ZTL permanente (Monza, Seregno e Lissone, aggiuntasi nel 2016) e due (Desio e Vimercate) hanno una zona a Traffico Limitato attiva soltanto in determinati giorni e/o fasce orarie. Generalmente la presenza di una zona interdetta alle macchine contribuisce alla crescita del giro d’affari del settore terziario, dunque a negozi e servizi, con i dovuti distinguo.
Una zona a traffico limitato genera una domanda notevole di parcheggi nelle aree adiacenti, e una buona o una cattiva gestione dei parcheggi può incidere incredibilmente sulla salute del settore terziario di un comune (qui un recente approfondimento dell’ Economist a proposito dei parcheggi). Proprio per questo, l’introduzione di ZTL può essere tanto positiva quanto nociva per il benessere della città, e proposte del genere talvolta suscitano proteste da parte dei commercianti locali – nel 2012 a Vimercate ci furono bagarre fra i possessori di esercizi commerciali e l’amministrazione proprio in merito all’estensione dell’orario della ZTL, ma il caso di Vimercate è del tutto particolare. Ne riparleremo. A Monza la ZTL ha funzionato. Anche a Seregno, seppure il sistema parcheggi sia ancora da migliorare. Per Lissone è troppo presto per esprimersi.
Cosa fare per rendere i comuni poli attrattori. Ricapitolando: la ZTL può favorire lo sviluppo di un centro cittadino commerciale, purché si tratti di un comune medio-grande e la creazione di aree interdette ai mezzi sia compensata da una buona organizzazione dei parcheggi. Quanto detto circa gli uffici pubblici vale anche per i privati. L’insediamento di nuove imprese sul territorio comunale fa aumentare la domanda di altri servizi, riduce la disoccupazione e fa crescere il reddito medio dei cittadini – dunque ha ricadute positive tanto sulle altre imprese quanto sulla comunità.
Per questo, la grande sfida dei comuni in futuro sarà promuovere lo sviluppo economico locale. Si potrebbe iniziare dall’individuare immobili sfitti e spazi inutilizzati per cercare delle partnership su misura coi privati. Ma sarebbe solo l’inizio: senza una visione organica che sappia rispondere alla domanda “Come vogliamo costruire la città?” il rischio di ricadere nella trappola dei palazzinari è altissimo.
foto in evidenza di Paul Barker Hemings via Flickr – licenza Attribuzione
2 pensieri su “Città dormitorio o comunità vive?”