Graffiti: vandalismo o opportunità per la valorizzazione urbanistica?

IMG_20170412_172631Passando in auto, in bici, in pullman, ma anche a piedi, sul cavalcavia della SS36 tra Seregno e Carate Brianza, non si può che, come minimo, notare il fiorente graffitismo che pervade l’intero percorso ciclo-pedonale del sovrappasso: moderna e concreta galleria d’arte secondo alcuni, semplice sintomo di degrado urbano per altri.

Il genere e il caso locale

Il Graffitismo, genere artistico nato ormai nei lontani anni ’80, in effetti fa ancora fatica a emanciparsi dall’idea di vandalismo urbano cui è rilegata da sempre. Nel nostro caso però, come è ben visibile agli occhi di tutti, sul cavalcavia, negli ultimi anni, non abbiamo riscontrato un mero aumento delle cosiddette “scrittacce”, bensì un fiorire murales e altre rappresentazioni che, per quanto possano sembrare di primo acchito crude o grottesche (o per quanto lo siano), possono essere apprezzate e ritenute dei veri elementi di decoro urbano.

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Il Graffitismo nasce proprio in seno a questo intento negli ambienti giovanili: “riprendersi” e fare propria la città e le strade, che, troppo spesso, sono invase dall’ingorda cementificazione degli ultimi decenni. Nel nostro caso vediamo come questa forma d’arte possa diventare un vero elemento di rilancio non solo per il paesaggio, ma anche per la cittadinanza e per il percorso ciclo-pedonale stesso. Al grigiore, all’abbandono e alla sporcizia del luogo si contrappongono dei vividi spazi decorati, rappresentazioni e tags di ogni tipo, in grado non solo di dare colore e vivacità al percorso, ma anche di dare uno spazio espressivo ai tutti, giovani e non.

Si tratta quindi non di degrado urbano aggiunto ad altro degrado urbano, ma piuttosto di espressività e di colori che vanno a sconfiggere e a cancellare il senso di abbandono che pervade il nostro cavalcavia ormai da anni.

“Cosa ce ne viene in tasca?”

Penso sia spontaneo a questo punto chiedersi come, di fatto, un simile spazio possa essere tutelato, ma anche valorizzato. Ebbene la tutela di tale spazio non è una sfida così scontata, innanzi tutto bisogna infatti sottolineare come l’espressione artistica del cavalcavia sia nata spontaneamente, senza l’intervento di qualsiasi tipo di istituzione: il fattore determinante della fioritura artistica del luogo è stata infatti l’assenza di una precedente tutela degli spazi, che ha permesso agli writers locali di lavorare in tranquillità, rappresentando ciò che volevano senza porsi filtri o limitazioni; l’originalità del luogo sta infatti nella sua nascita autonoma e indipendente.IMG_20170412_172811

Tenendo quindi presente l’anima del luogo, è bene pensare a un tipo di valorizzazione degli spazi che non sia in alcun modo invasiva nei confronti dell’espressività e dell’autodeterminazione del luogo; valorizzazione che potrebbe essere soprattutto legata, per esempio, al rilancio della pista ciclabile già presente in loco seppur con qualche tratto sconnesso o malconcio. Sempre più centri urbani decidono infatti di costruire, migliorare o ampliare le piste ciclabili in quanto strutture direttamente usufruibili dalla popolazione che alzano nettamente la qualità della vita dei cittadini del luogo. Favorire l’utilizzo di piste ciclabili infatti non può che portare la popolazione a intraprendere attività fisica salutare e ad apprezzare al meglio il paesaggio locale, valorizzato, nel nostro caso, da questa galleria a cielo aperto.IMG_20170412_172854

“Perché allora rilanciare il luogo e perché parlarne?”

Non si può ignorare però come, negli ultimi tempi, la zona del cavalcavia sia denotata da molti come un posto mal frequentato: solo due mesi fa due sedicenni si accoltellavano proprio in questa zona per una disputa legata ad un graffito. Tale avvenimento potrebbe sembrare un vero e proprio sintomo di degrado sociale avanzato, che potrebbe indurre i più conservatori a pensare che tutta questa storia della street art non sia nient’altro che un capriccio vandalico giovanile, ma è proprio da qui che deve partire il rilancio del luogo: posto infatti che l’espressione artistica di strada non può essere repressa efficientemente se non con ingenti spese, che linea adottare nei confronti di questi avvenimenti? Lasciare che tutto corra nel silenzio? Oppure provare a capire quali siamo le criticità, legate anche ad avvenimenti come questo, per poi integrare in una società virtuosa spazi, arte e persone? Insomma integrare o estraniare? Comprendere la modernità o ignorarla?

Matteo Redaelli

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